Zelda was a writer – 2 aprile 2012
Buongiorno a tutti, miei cari!
Ho già parlato della casa editrice Verbavolant in due occasioni (qui e qui) e torno a farlo con gioia per sostenere le piccole e coraggiose realtà editoriali (cosa che mi sembra dare un senso importante a questo blog) e per diffondere la Storia di Po’ che, in un solo grande foglio – dapprima chiaroscurale e poi colorato e felice – vi racconterà la solitudine, di come questa non si risolva aggiungendo elementi per così dire rumorosi e ingombranti ma sciogliendo nodi inconsci e accettando la propria unicità.
La storia di Po’ – un essere diciamo più vivente che umano – è quella di moltissimi di noi, presi a volteggiare senza posa nel pieno di un tutto che ci spinge a essere sempre presenti alla sollecitazioni e in orario agli appuntamenti, ma che poi, molto spesso, spente le luci e decelerata la perenne corsa, si rivela piuttosto inconsistente.
Esisterà qualche altro Po’ come me? si domanda il protagonista di un libro che racconta la solitudine nelle pieghe di un immenso foglio. Po’ non sa rispondere a questa domanda e, nonostante faccia tutto quello che c’è da fare, nonostante segua i consigli di socialità di questo tempo, spesso si sente smarrito e tremendamente fatto di poco.
Man mano che il foglio aumenta di dimensione anche il nostro protagonista così diverso da tutti inizia a capire che esiste un mondo di tantissimi Po’, tutti pronti a capirlo e a essergli vicini. Senza che ci sia una motivazione particolare ma solo per una magica e impalpabile affinità, per un istinto alla ricerca di altri sé, che ci raccontino nuove storie e che diano un senso alla nostra.
Nell’ultima estensione del foglio il nuovo mondo di Po’ si fa avanti e, nella sua totale disarticolazione e mostruosità, gli racconta l’importanza di vicinanza, presenza e tatto. Lo fa con i fatti, senza troppe teorie, come avviene nei grandi casi di innamoramento e amicizia.
La Storia di Po’ non insegna nulla che già non si sia pensato a voce sommessa, alla fine di ogni giornata presa a lottare e a fare bene. La sua forza, però, risiede nel farlo con semplicità e tenerezza, nel parlare di un personaggio imperfetto, non di una vittima eroica degli eventi ma di un essere unico e semplice che fatica a trovarsi bene in mezzo a tutti perché, banalmente, l’ambizione del tutto (piacere a tutti, stare con tutti, ascoltare tutti, …) è qualcosa che parcellizza il bene e lo rende drammaticamente seriale.
Mi piace che il libro rivolti il punto di vista sul personaggio, che descriva un Po’ mancante di un sacco di qualità, non bello e neppure tanto elegante.
Si potrà dire tutto di lui ma non che sia un essere comune e ad un tratto questo dato di fatto che per anni è stato punto di partenza per emarginazione e sbeffeggiamenti vari diventa una forza pulsante.
La forza di Po’ è il suo essere “mancante”, in attesa di altri Po’ che lo completino.
Chissà, forse bisognerebbe lavorare maggiormente sulla mancanza, sulla lacuna, sul vuoto. Tutte questioni che il nostro oggi tende a etichettare come negative e svilenti. Forse bisognerebbe guardare la nostra piccola persona negli occhi e scusarla, capirla, assecondarla. Migliorare ciò che si è, con costanza e determinazione, e non decidere di diventare altro.
In fondo, non è da questo meraviglioso dato di fatto – chiamiamola diversità, specialità o incompletezza – che dovrebbero partire tutti i nostri sforzi per costruire rapporti saldi e significanti?
Che sia un’ottima giornata per tutti voi!
Camilla
Zelda was a writer
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