Il Giornale dell’Umbria – Arnaldo Casali, 9 novembre 2011
“C’è un filo rosso che unisce Lars von Trier e Francesco Franceschini. Sicuramente preferirebbe, lo scrittore e conduttore radiofonico umbro, essere paragonato a Woody Allen, con cui condivide l’umorismo e anche un certo ironico snobismo, ma dopo aver visto Melancholia non si può non rientrare nelle atmosfere di “Apocalisse in pantofole”, il romanzo dello scrittore narnese pubblicato dalla VerbaVolant che domani alle 18 sarà presentato alla Libreria Mondadori di Spoleto. Perché ad unire le opere di questi due artisti così distanti tra loro geograficamente e culturalmente, è l’idea di un’apocalisse interiore. Il libro di Franceschini, come il film di von Trier, è una sorta di kolossal psicologico con molta umanità e pochi effetti speciali, dove il dolore personale è il sintomo (o forse la causa?) della fine del mondo. Se infatti nel film del regista “maledetto” la catastrofe provocata dalla collisione con il pianeta Melancholia è vista attraverso gli occhi di due sorelle che soffrono di depressione, in “Apocalisse in pantofole” tre quarantenni – Edoardo, Giovanni e Michele – vagano in un mondo in cui il vento ha smesso di soffiare, la pioggia di cadere e in cui tutti gli animali sono spariti. Un mondo dove la vita dell’uomo è dominata da cinismo, ospedali e pessima televisione, raccontato in modo grottesco ma dannatamente realistico. Perché questo non è un romanzo di fantascienza. Purtroppo.”
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